SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE
La via dello sviluppo sostenibile, così come delineata nella Dichiarazione di Rio del 1992 per affrontare l’emergenza ambientale già alle porte, mostrò fin da subito quanto gli sforzi a livello internazionale fossero condizionati dagli interessi economici prevalenti e perciò di fatto inefficaci. Mercato delle emissioni tra Paesi inquinanti che avrebbero finanziato interventi compensativi in termini di ripristino della massa vegetale nei Paesi non Sviluppati e concorrenza spinta da parte dei Paesi Emergenti hanno fatto mancare tutti gli obiettivi posti sul percorso per evitare la crisi climatica che stiamo cominciando a toccare con mano. Se non vogliamo continuare a girare intorno al cuore del problema dobbiamo nominare il Moloch che sta portando il Pianeta verso la catastrofe, rendendolo sempre più inospitale alle diverse forme di vita che popolano la Terra, ovvero il Sistema di sviluppo Capitalistico oggi imperante. Cosa intendiamo con questa definizione che sa di trita retorica? Semplicemente un modello di sviluppo che, per come si è affermato, non sembra più rispondere a nessuno, se non alla logica del massimo profitto di breve-medio periodo, svincolandosi sempre più dalle responsabilità che ne consenguono per le popolazioni e i territori dove agiscono a suo nome le catene di produzione, di distribuzione e di consumo del cosiddetto libero mercato. La rappresentazione più significativa di questo processo è data dalla perdita di credibilità di intervento da parte del potere Politico, ma se salta questo fondamentale ingranaggio si inceppa anche il reale meccanismo di controllo che qualifica un sistema come propriamente democratico.
Ecco perché in questo drammatico quadro bisogna rovesciare l’agenda delle priorità ripensando al ruolo del sistema pubblico come regolatore e redistributore delle ricchezze, nell’interesse primario rappresentato dal risparmio del consumo di risorse non rinnovabili e dall’effettivo grado di benessere che si garantisce alle persone. Ma non è neppure indifferente la questione della gestione dei monopoli naturali e dunque strategici per orientare il sistema ad un vero sviluppo, perché appunto orientato al benessere reale. Laddove invece subentrano interessi privati si realizza una contraddizione in termini tra profitto nella gestione delle risorse e loro consumo, che sarà maggiore se apportatore di vantaggi al gestore, magari però ottimizzando i costi con risparmio sulla manutenzione o sui diritti del lavoro. Inoltre, ed è tanto più vero in Nazioni sottoposte alle infiltrazioni della criminalità organizzata, gli interessi privati producono un effetto distorsivo sulle opere pubbliche strategiche, che diventano prioritariamente funzionali a permettere maggiori ritorni economici ai Concessionari grazie alla “moral suasion” da loro esercitata nei confronti dei decisori politici.
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